CONFRATERNITA DI SANTO SPIRITO

La Confraternita di Santo Spirito sorse nel 1578 per iniziativa d'un gruppo di confratelli di Sant'Antonio.
All'inizio di denominò di San Gregorio dal nome della chiesa occupata. Nel 1591, in seguito all'aggregazione all'ospedale di Santo Spirito in Roma, la Confraternita mutò il nome in Santo Spirito.
A pochi passi dal centro storico e dalle importanti chiese di San Salvatore e San Vittore, si trova la Chiesa di Santo Spirito caratterizzata dall'elegante facciata. All'interno l'impianto è piuttosto semplice: aula unica con quattro cappelle che si aprono ai lati. Numerosi però sono gli artisti che hanno partecipato alla decorazione di questa chiesa, uno fra tutti Pier Francesco Guala, pittore casalese molto attivo in Piemonte e Liguria, che arriverà a Vercelli nel quinto decennio del 700.
Negli altari laterali sue opere sono: “San Gregorio mentre invoca la cessazione della pestilenza”, “San Gregorio detta a San Pietro Levita”, “Il transito di San Giuseppe”, e infine “La Messa di San Gregorio”. Queste sono tutte riconducibili alla maturità del pittore e dimostrano una salda composizione, attenuata dal morbido modellato delle carni e dei colori; nell’opera del Guala giungono sempre ad un alto livello d’arte i volti dei vecchi santi e quelli di angeli e putti caratterizzati da un eterna freschezza.

L’altare maggiore è decorato con una “Pentecoste” di Raffaele Giovenone, opera precedente del 1596, e che dimostra forti echi gaudenziani seppur in maniera più rigida.
La chiesa conserva ancora la “macchina” di
Cristo fra i carnefici appartenente alla confraternita e ritenuta per molto tempo la più antica, visto il suo carattere lievemente grezzo. In realtà recenti ricerche hanno dimostrato che è successiva almeno di 50 anni rispetto alle altre macchine cittadine ma è anche tra le poche di cui si conosce l’autore; ossia lo scultore Pietro Antonio Serpentiere.
Infine meritano un accenno anche gli ambienti della sacrestia, sempre di manifattura settecentesca, affrescati dal Guala con angeli che adorano lo Spirito Santo e che rappresentano uno dei più graziosi e riusciti affreschi della sua maturità (1744) per prospettiva colore e perfezione dei movimenti. La porta che conduceva dalla sacrestia doveva essere squisitamente barocca, fu purtroppo venduta nel secondo quarto del XX secolo al Comune insieme alle canne dell’organo per risanare i debiti e far fronte alle spese della Confraternita. 

- Testo tratto dal sito Città e Cattedrali Piemonte Valle d'Aosta.
- Foto tratte dal web.